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Alla scoperta dei nomadi digitali

Sono freelance o impiegati che scelgono di lavorare da remoto senza vincoli di spazio, in nome della trasformazione digitale accelerata da pandemia

Fonte immagine: pixabay
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Sono freelance o impiegati che scelgono di lavorare da remoto senza vincoli di spazio: si chiamano 'nomadi digitali'. Il fenomeno del nomadismo digitale costituisce il risultato di un processo di trasformazione digitale di fatto in atto da tempo, ma accelerato dalla pandemia. E' quanto si legge nel 35/esimo 'Rapporto Italia' dell'Eurispes.

Sono freelance o impiegati che scelgono di lavorare da remoto senza vincoli di spazio: si chiamano 'nomadi digitali'. Il fenomeno del nomadismo digitale costituisce il risultato di un processo di trasformazione digitale di fatto in atto da tempo, ma accelerato dalla pandemia. E' quanto si legge nel 35/esimo 'Rapporto Italia' dell'Eurispes. A livello globale è oggi in corso un processo di profonda trasformazione delle dinamiche lavorative, dovuto a cambiamenti strutturali, tecnologici e sociali accelerati dallo shock pandemico.

Secondo le previsioni di AT&T, mentre il lavoro totalmente da remoto dovrebbe subire un importante calo dal 2021 al 2024 (dal 56% al 19%), il lavoro ibrido conoscerà una crescita del +39%. Lo shock pandemico non ha solo reso necessaria una riorganizzazione delle attività lavorative, ma ha anche ristrutturato la scala delle priorità e dei valori dei lavoratori.

Secondo i dati del Work Index Trend di Microsoft, in uno studio condotto in 31 paesi tra cui l’Italia, il 53% dei lavoratori è disposto ad anteporre la propria salute e il proprio benessere al lavoro. Lo shock pandemico ha anche dato luogo al fenomeno della 'paranoia della produttività': un aumento esponenziale di produttività da parte dei lavoratori, in risposta alla sempre maggior insicurezza dei manager riguardo alla produttività dei loro dipendenti.

Secondo il Work Index Trend di Microsoft, i dipendenti dichiarano per l’87% di essere produttivi a lavoro, mentre l’85% dei manager sostiene come il passaggio al lavoro ibrido abbia reso difficile appurare la produttività dei dipendenti. Anche per questo, nel 2022 il numero di riunioni settimanali è aumentata del 252% a livello globale rispetto all’inizio della pandemia (dati Microsoft 365). La paranoia della produttività si scontra dunque con le nuove consapevolezze dei lavoratori. Intanto la Great Resignation è sempre più orientata verso il Great Reshuffle: il 37% dei lavoratori (il 49% dei Gen Z e dei Millennial) dichiara la volontà di prendere in considerazione un nuovo impiego nel prossimo anno.

Gran parte dei remote worker, sebbene contempli la possibilità di viaggiare e lavorare da un’altra località, ha una casa da cui lavora per la maggior parte del tempo. Stando ai dati del 'Secondo Rapporto sul nomadismo digitale in Italia', promosso dall’Associazione italiana nomadi digitali e da Airbnb, i protagonisti del fenomeno del nomadismo digitale in Italia sono lavoratori (35%) tra i 35 e i 44 anni; a seguire giovani tra i 25 e i 34 anni, mentre è minore la percentuale di nomadi digitali over 45 (15%), con meno di 24 anni (10%) o over 55 (5%).

I dati su base globale raccolti da MBO Partners confermano uno sbilanciamento dei nomadi digitali a verso la generazione Millennial (44%), immediatamente seguiti dai Gen X (23%) e dai Gen Z (21%). La distribuzione per genere appare omogenea nel nostro Paese, con un lieve sbilanciamento per le donne (54% contro il 45% di uomini), in opposizione alle tendenze globali, dove più uomini (59%) scelgono di diventare nomadi digitali rispetto alle donne (41%). Il 52% dei nomadi digitali si definisce dipendente o collaboratore di aziende, mentre il 38% svolge un lavoro autonomo.

In Italia appartengono a settori caratterizzati da alto valore aggiunto, come quello della comunicazione e del marketing (27%), della formazione (14%) e dell’informatica (13%). Su base globale, i nomadi digitali dichiarano di avere competenze tecnologiche elevate, il 77% utilizza la tecnologia per essere più competitivo nel proprio lavoro, contro il 41% di coloro che non sono nomadi digitali.

Nella scelta di una destinazione per lavorare da remoto, le variabili discriminanti risultano essere una buona connessione a Internet, il bel tempo, il basso costo della vita, un visto facile da ottenere e le attrazioni locali. Tra le migliori destinazioni per i lunghi soggiorni: Indonesia, Messico, Tailandia, Spagna, Colombia, Portogallo; per i brevi soggiorni, invece: Francia, Brasile, Islanda, Costa Rica e Nuova Zelanda. Una connessione Internet affidabile è anche la caratteristica più richiesta nella scelta dell’alloggio, su cui influisce anche la vicinanza alla spiaggia o ad altre attrazioni locali (Meet Today’s digital nomads work and Wander, Usa 2021).

I remote worker italiani e stranieri intervistati nel 'Secondo Rapporto sul nomadismo digitale in Italia' hanno dichiarato di essere interessanti a vivere la propria esperienza di nomadismo digitale in Italia (93%). Ad attrarli sono soprattutto il Sud (25%) e le Isole (18%), presso località balneari (61%) o a stretto contatto con la natura (41%), nelle città d’arte (39%), mentre risultano meno attrattive le località di montagna (22%) e quelle di collina o entroterra (12%).

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