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Dal degrado alla bellezza dell'arte, come ti trasformo le città

Il senso dela rivoluzione estetica, tra il Guggenheim Museum di Bilbao e la Torre Luma nel parco delle arti ad Arles

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Dal degrado alla bellezza dell'arte, come sono state trasformate le cittàgli esempi clamorosi del senso dela rivoluzione estetica, tra il Guggenheim Museum di Bilbao e la Torre Luma nel parco delle arti ad Arles. 

L’architettura del XX secolo ha affermato in tutti i paesi industrializzati, la propria identità utilizzando i nuovi materiali, una tecnologia sempre più innovativa e forme talmente sofisticate che possono essere ideate, governate e controllate soltanto con l’ausilio dei programmi informatizzati che permettono delle operazioni altrimenti impossibili con gli strumenti del disegno tradizionale.

I manuali sono diventati materiale per storici dell’arte, non servono più le sperimentazioni e le certezze accumulate in secoli precedenti da Vitruvio a Leon Battista Alberti, per arrivare ad Andrea Palladio ma neanche le innovazioni apportate dai maestri del Movimento Moderno tra i quali Ludvig Mies van der Rohe, Le Corbusier e Frank Lloyd Wright.

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Quello che oggi attrae i progettisti diventando l’elemento connotativo delle nuove costruzioni è la sperimentazione di nuove forme, realizzabili con la tecnologia oggi a disposizione e l’utilizzo di un linguaggio personale sempre riconoscibile. Quello che è accaduto per il Guggenheim Museum di Bilbao è diventato un caso emblematico. Un nome e una firma, Frank O. Gehry, architetto canadese di nazionalità statunitense, una delle archistar più note oggi in attività, ha progettato e realizzato un’opera divenuta ormai famosa in tutto il mondo, il Guggenheim Museum di Bilbao che inserita in un piano strategico di rinnovamento della città, è riuscita rivitalizzare l’intera zona, diventando il simbolo dell’intero processo di rivitalizzazione dell’area portuale da anni in degrado. Ha utilizzato il suo linguaggio, già consolidato dalle precedenti esperienze progettuali, trasportando a Bilbao lo stesso alfabeto linguistico sperimentato nelle realizzazioni precedenti: del Vitra Design Museum, (1989), il Walt Disney Concert Hall, a Los Angeles (1999-2003), Hotel Marqués, Spagna (2003-2006), Fondazione Vuitton, Parigi (2006-2014) e che prosegue nella più recente Torre Luma nel parco delle arti ad Arles

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Questo sistema di omologazione appartiene non soltanto all’architetto Gehry ma in esso vi possiamo includere una serie di progettisti che, utilizzano il loro repertorio formale sia che si tratti di costruzioni progettate in Europa, America o qualsiasi altro continente. Questi grandi nomi, utilizzano gli stessi materiali: vetri a specchio, lastre di titanio o di alluminio che ricoprono forme squadrate, sinuose o morbide, sagome e volumi inediti, per stupire, tralasciando la dimensione umana e il rapporto con il contesto che viene completamente o in parte dimenticato per affermare uno stile e una firma riconoscibile.

A quanto già affermato, permettetemi di fare un parallelo, con una citazione ripresa dell’architetto Marcello Piacentini che nel testo “Architetture d’oggi” del 1930 a proposito della “composizione”, riferita alle esperienze delle architetture razionaliste, tedesche e olandesi, in quel momento all’avanguardia, affermava: “…ogni preoccupazione di esigenze di composizione sembra essere stata sdegnata, tanto dal punto di vista architettonico quanto da quello decorativo. Nessuna concessione a sentimenti…nessuna indicazione dell’entrata principale…”    Un’osservazione che può pertanto essere traslata a molte architetture di oggi.   

 

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