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Mi presento: sono ringhio Gattuso. Anzi, no

Il neoallenatore dell'Italia punta sui concetti di amicizia e famiglia piuttosto che di grinta

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Oggi a Roma è stato presentato il nuovo allenatore della Nazionale italiana. Gennaro Gattuso ha espresso più i concetti di amicizia e famiglia che di grinta, elemento che lo ha contraddistinto nella sua carriera. Messaggi a Lippi, La Russa e al calcio italiano. Sempre che Gravina li recepisca.

 

In campo di dribbling ne ha fatti pochi, di tackle ne abbiamo smarrito il conto. E l’Italia che Gennaro Gattuso forgerà sarà quella che rispecchierà l’anima guerriera di quando vestiva la maglia del Milan e della Nazionale.  Anzi, no.

Gattuso ha soprattutto in mente concetti di famiglia, di amicizia, di entusiasmo. Forse Gattuso avrà sbirciato le tracce dei maturandi al liceo Classico, infatti il ‘De amicitia’ di Cicerone domina la scena anche qui a Roma, alla conferenza stampa di presentazione come tecnico della Nazionale, stretto tra il presidente Gravina e l’alfiere Buffon. È lo spirito caro a Enzo Bearzot, prima ancora che a Lippi, campione del mondo nel 2006 in Germania proprio con Gattuso in campo a randellare. Antepone il noi all’io Gattuso, lo ribadisce anche il presidente federale: “abbiamo 10 singoli tra i più forti al mondo, ma vanno trasformati in una squadra, giocando senza paura” martella il neoallenatore, che ammette di aver sentito sia il maestro Lippi che Spalletti.

“Uno come me non lo farei giocare” dice poi, forse scherzando. E no, caro Gennaro, uno come te ci serve eccome per traghettare quest’azzurro sbiadito al Mondiale 2026. Per dirla alla Mourinho, in una squadra servono degli elementi che si caratterizzino come fossero una gang, altrimenti a ogni ringhio o a ogni muscolo mostrato dagli avversari si corre a cercare il conforto della mamma. Le vittorie, del resto, si costruiscono anche in questo modo, altrimenti il Brasile sulla sua bacheca avrebbe tanti titoli quanti i Mondiali disputati. Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa dovrebbe riflettere su questo aspetto, dato che aveva definito Gattuso non un simbolo del calcio italiano: la figura istituzionale, tifoso interista, si sforzi di ricordare che nei quattro mondiali vinti in campo non c’era gente solo di fioretto ma anche di sciabola. Oggi è il momento delle riflessioni e delle opinioni, col primo appuntamento delle qualificazioni il 5 settembre a Bergamo, avversario l’Estonia.

A margine della conferenza stampa, il presidente Gravina ha rilanciato il progetto Italia (ma sono anni che va di moda questo continuo rilancio…), varando il ‘Progetto Prandelli’, con una particolare cura dei vivai (aridaje), coinvolgendo Simone Perrotta e Gianluca Zambrotta, anche loro eroi di Berlino 2006. Insomma, l’Italia chiamò non è una frase fatta, al capezzale azzurro sono accorsi anche l’altro campione del mondo Barzargli e il campione d’Europa 2020 Bonucci, a rafforzare il Gattuso-pensiero. Gravina pompa Gattuso definendolo ‘l’uomo dei risultati’, mentre l’allenatore globetrotter nato in Calabria non si nasconde dietro una foglia di fico, generoso e schietto come sempre: “in serie A il 68% dei calciatori sono stranieri” ha analizzato. Quadro che dovrebbe far riflettere prima i dirigenti federali, da anni vuoti di idee e, quindi, di risultati.

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