Superbonus 110%, gli attuatori degli interventi chiedono una proroga al 31 dicembre 2023
Tra materie prime che scarseggiano e termini ristretti, l‘effetto di ripresa del Superbonus rischia di scemare
In merito all'attuazione del Superbonus 110% il rischio paventato è quello che la prossimità dei termini attuali blocchi l’effetto ripresa di una misura che è da poco entrata a regime e già minacciata dai ritardi della materie prime.
Prorogare subito e almeno fino al 31 dicembre 2023 il Superbonus 110% per tutti gli ambiti di applicazione previsti e per tutti i soggetti ammessi alla detrazione.
Lo hanno richiesto a gran voce CNA Costruzioni e le altre associazioni di categoria insieme ai consumatori al Governo nei giorni scorsi.
Diversamente, si creeranno criticità a causa delle tempistiche attuali che sono strette, criticità che potrebbero vanificare un ottimo provvedimento che stava iniziando a rilanciare il mercato delle costruzioni in un periodo difficile per l’economia del Paese.
In una nota congiunta si legge: “Tale indicazione però deve essere ufficializzata ora, attendere la legge di Bilancio 2022 provocherebbe il blocco del mercato, alimentando una situazione disastrosa per i cantieri e progetti in corso, che potrebbero essere bloccati o mal realizzati. L’impulso al settore delle costruzioni è inoltre strettamente legato all’opportunità di scontare subito o avere il credito in brevissimo termine. Quindi è indispensabile che si seguano le stesse scadenze anche per l’opportunità della cessione del credito o dello sconto in fattura”.
Nel prosieguo del documento si legge: “Speriamo che questa richiesta possa essere compresa e accettata dal Governo per non vanificare i risultati di un provvedimento che avrebbe potuto incidere davvero positivamente nella nostra economia”.
La posizione di CNA, la Confederazione Nazionale artigianato e piccole imprese, è congiunta a quella delle principali associazioni di rappresentanza di molteplici settori produttivi, insieme alle associazioni dei consumatori.
Le attuali scadenze prevedono il 30 giugno 2022 per gli edifici unifamiliari, il 31 dicembre 2022 per i condomini e gli edifici con massimo 4 unità immobiliari di unica proprietà (quest’ultimo solo se i lavori al 30 giugno 2022 sono già al 60%), il 30 giugno 2023 per i lavori degli Iacp (prorogato al 31 dicembre 2023 se al 30 giugno 2023 i lavori sono già al 60%).
La corsa a rispettare scadenze così brevi ha risvolti profondamente negativi anche per la carenza di materiali con allungamento dei tempi delle forniture e ulteriore aumento dei prezzi che sta già bloccando progetti che non rientrano più nei massimali e nella verifica di congruità.
Una situazione è già in atto, oggi infatti la scarsità di materiali e materie prime comporta l’attesa di minimo 4 mesi per la fornitura di prodotti e sistemi nonché dei ponteggi e delle opere accessorie. Non va dimenticato che gli interventi potenzialmente coperti dal Superbonus sono sostanziali e richiedono anche tempi mediamente lunghi di progettazione e fattibilità, senza contare che le opere di riqualificazione energetica di involucro vengono normalmente eseguite in periodi non troppo freddi, quindi su 12 mesi ne restano 8.
Parimenti cresce la difficoltà di attivare la cessione del credito o lo sconto in fattura, opportunità fondamentali che devono andare di pari passo con i contratti e che quindi devono avere le stesse scadenze del provvedimento incentivante.
Se si vuole puntare ad una effettiva riduzione dei consumi e delle emissioni diventa fondamentale intervenire sui condomini e con progetti di rigenerazione urbana, con demolizione e ricostruzione. In entrambi i casi, le attuali scadenze o la proroga annuale non bastano.