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L'architettura per uno sviluppo sostenibile

Case e città pensate per abbracciare e risolvere questioni legate all'abitare

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La qualità dell’architettura, di cui sempre più si parla, non influenza soltanto il modello della tecnica costruttiva, con tutti gli accorgimenti riferiti alla ricerca dei nuovi materiali, al rinnovo edilizio e il recupero energetico, deve sempre più confrontarsi con parte dei diciassette punti fissati dall’agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile.

La qualità dell’architettura, di cui sempre più si parla, non influenza soltanto il modello della tecnica costruttiva, con tutti gli accorgimenti riferiti alla ricerca dei nuovi materiali, al rinnovo edilizio e il recupero energetico, deve sempre più confrontarsi con parte dei diciassette punti fissati dall’agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile.

Un protocollo sottoscritto nel 2015 dai governi di 193 paesi membri dell’ONU. Dalla rivoluzione industriale dell’Ottocento, una serie di utopisti iniziano a prendere coscienza che il caotico sviluppo urbano poteva essere contrastato attraverso una pianificazione della crescita cittadina proponendo modelli completamente alternativi, vedi le proposte di Owen, Fourier o Garnier. Queste ricerche hanno sempre comportato la messa a punto di soluzioni mirate ad ottenere una migliore qualità della vita attraverso un equilibrio tra l’abitazione, lo spazio esterno ed i luoghi produttivi. La residenza con l’architetto Le Corbusier diventa la “macchina per abitare”, cerca di assolvere all’interno di essa le funzioni strettamente legate ai bisogni fisiologici, mentre proietta all’esterno i servizi e le necessità sociali. Modello non da tutti condiviso, ma che permetteva un risparmio del suolo in funzione di un uso sociale e collettivo.

La crescita urbana fino a pochi anni fa era stata vista come fonte di sviluppo economico ed i problemi generati hanno portato a soluzioni diversificate di cui le città contemporanee sono la testimonianza. Le cure per migliorare gli spostamenti, il traffico veicolare, i rifiuti e l’inquinamento non sono sempre state all’altezza del problema posto. Spesso è stato un bene che soluzioni prospettate, anche da valenti progettisti, non sono state portate a compimento quali le megastrutture abitative nella baia di Tokyo di K. Tange del 1960 o il progetto della megastruttura abitativa che correva a cavallo di grandi strade di scorrimento a New York, di Paul Rudolph del 1967. 

Lo sviluppo sostenibile di cui finalmente si sta prendendo coscienza, che vede il 2030 quale data fissata per la sua attuazione, prevede tra gli altri, una serie di punti strettamente legati alle questioni riferite proprio all’architettura e all’abitare.  Al punto 7 è previsto per tutti l’accesso all’energia pulita a buon mercato, il punto 9 fissa che l’industrializzazione debba essere sostenibile, mentre il punto 11 sollecita i governi a rendere le città sicure, inclusive, resistenti e sostenibili, per non parlare di recupero e riciclo dei materiali.

In conclusione, visto che lo sviluppo urbano ha consentito che la metà della popolazione terrestre abiti in città, occupando soltanto il 3% della superficie terrestre, ma è responsabile del 60%-80% del consumo energetico, questo ci sta sempre più convincendo dell’improrogabilità della transizione ecologica.

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